Quello di Luisa Martucci non è un semplice e simpatico romanzetto rosa. E’ un libro considerevole seppur piccolo, profondo e pervaso di una tristezza dolce amara. La trama è scarna, semplice ma non semplicistica. Il punto focale del libro è il racconto tenero e morbido, di un incontro tra due persone, entrambe portatrici di un età importante. Entrambi hanno contribuito non soltanto al benessere familiare ma anche alla crescita di una società da cui sono, per ironia della sorte, quasi lasciati fuori, dopo essere stati “spremuti”. Del resto sono solo degli anziani oramai. Anziano. Che orrenda parola, che orrenda etichetta per definire esseri umani, come se arrivati a una determinata fase della vita fossimo fuori dai canoni richiesti per interagire con un mondo che solo noi standardizziamo in categorie. Invece e Rosa e Antonio sono ancora vivi, con esigenze soffocate dalla loro quotidianità, situazioni quasi similari, figli cresciuti con fatica e sacrifici, tanti rimpianti e pochi piaceri. In più la vita di Rosa si aggrava di una cappa soffocante, terrorizzante della scoperta di una verità che aggravati da un problema grave che le sconvolge la vita: l’oscuro demone del tumore al seno. Antonio 60 anni pensionato, oramai quasi ignorato dalla società che prima lo considerava indispensabile, si ritrova a fare i conti con una solitudine scelta a favore del benessere dei figli. Figli mai cresciuti che si rivelano a volte egoisti, a volte cosi estranei che lo stesso Antonio, per poterli comprendere, cade vittima di una sorta di pregiudizio nei loro confronti, specie verso una figlia che rappresenta tutto ciò che ha inesorabilmente perduto lungo la strada, la freschezza, la passionalità con cui affrontare ogni nuovo inizio
Drammi quasi banali ma potenti, descritti con uno stile leggiadro e di classe, gradevole e lieve. velato da una sorta di malinconico rammarico per delle vite quasi appannate, rese per una scellerata non scelta, da un abbandono di se stessi, ma anche da una fatale noncuranza degli altri, dagli altri, evanescenti tanto da rasentare il totale annullamento di ogni tormento, da ogni batticuore e emozione. Quella stessa passione che ( ed è qua il tocco geniale della Martucci) viene ricercata nel misterioso e inquietante mondo di internet. Un atto di ribellione di due persone che, secondo uno schema mentale trito e ritrito, non dovrebbero neanche pensare a provare il mondo virtuale, come se esso fosse soltanto riservato a giovani o maniaci. E invece in un atto di ribellione si costruiscono un’identità, non realmente fittizia, ma quella che hanno perduto durante il duro percorso della vita. Rosa tea, il nickname, esiste; è la rosa di un tempo, giovane spensierata piena di sogni e passioni, cosi come Little Rambo è Antonio, l’uomo tutto d’un pezzo forte e pieno di voglia di vivere, quella perduta a causa di un lutto, di difficoltà finanziarie, di dedizione totale alla famiglia, di responsabilità che piano piano l’hanno schiacciato come un macigno. Per svago, o per disperazione, o per ritrovare ciò che hanno perduto si immergono in un mondo che sembra più reale delle loro vite rassegnate quasi. Rosa combatte contro il male oscuro, che la mette di fronte tragicamente a se stessa, in un luogo solitario dove si ritrova a dover tirare fuori gli ultimi sprazzi di una forza che, in fondo, l’ha sempre sostenuta. Ma che amaramente non trova se non vivendo nel ricordo della Rosa giovanile. E cosi la foto che manda in giro è il simbolo di ciò che era, come se immaginare per un attimo di tornare indietro nel tempo, potesse restituirle non tanto la giovinezza, rosa sa ed è consapevole che il tempo inesorabile passa, ma almeno un po’ di quel carisma, di quella follia, di quella spavalderia che è propria di chi sa che ha un futuro tutto da scrivere. E invece quel futuro loro lo vedono sbavato, quassi grigio e cosi vuoto da doversi aggrappare l’uno all’altro, in sogni, idee, confidenze che creano un amore di una poesia unica. Ed è bello che la nostra autrice abbia descritto l’altro lato dei social, quello che esula dal bullismo, dallo sfogo di una cattiveria covata negli animi per essere ciò che un tempo era l’epoca epistolare: uno scambio profondo di anima, di desideri nascosti e di bellezza dei sentimenti. Che oggi sia una tastiera, o un tempo la leggiadra penna d’oca, l’intendo dello scritto è quello di penetrare in profondo dentro noi stessi per catturare una sensazione e renderla eterna e intoccabile. Rosa e Antonio trovano si l’amore ma anche una nuova linfa vitale, uno sprono a dare la svolta che essi meritano come esseri umano, per che senza passione, senza bellezza, senza la sensuale estasi dei sensi a qualsiasi età nessuna esistenza merita e va davvero vissuta appieno.
Voto
5/5